Shadow


                                          Shadow


Phoenix, Arizona
Sede dell' Osborne Tecnology


-        Ho deciso di rinunciare alla scorta.
A quell’annuncio, secco e conciso, la temperatura della stanza sembrò abbassarsi di parecchi gradi. Intorno al tavolo dell’elegante sala riunioni, all’ultimo piano dell’Osborne Tower, erano seduti una decina di individui fra dirigenti della società, impiegati, agenti di sicurezza, e una sola donna, quella che aveva parlato.
Dominick Randall, capo della scorta in questione, scrutò la sua riluttante protetta con la consueta impassibilità. Fu squadrato a sua volta da un paio di gelidi occhi azzurri schermati da lenti spesse, cerchiate di metallo.
Con quelle labbra sottili, strette in una smorfia di perenne disapprovazione, i capelli biondo cenere tirati in una rigida crocchia sulla nuca e il tailleur grigio topo abbottonato fino al collo, la dottoressa Sasha Kamenskaja incarnava perfettamente l’immagine della classica zitella.  
Seduto a capo tavola, l’energico presidente J.J. Osborne, spostò la sua attenzione dall’uno all’altra.  Sarà uno spasso fra questi due, pensò sollevando un sopracciglio.
In Colombia, dove aveva combattuto nei reparti speciali impiegati nella lotta ai narcotrafficanti, Randall era soprannominato “el puma” non soltanto per quel suo sguardo brillante e dorato, che ricordava il fiero leone di montagna, ma anche per le sue doti di forza, ingegno, coraggio. Era un esperto di sopravvivenza e sapeva uccidere in molti modi diversi, però, secondo Osborne, non possedeva la diplomazia necessaria per trattare con la zelante ricercatrice e si era rivolto alla sua agenzia privata, la Shadow, solo per necessità.
-        Temo che la decisione non spetti a lei, dottoressa – cominciò a dire il presidente in tono conciliante. - Le sue ricerche sono troppo importanti per lasciarla senza protezione e …
-        La vostra cosiddetta protezione – rimarcò lei, interrompendolo bruscamente - non ha impedito al mio predecessore di saltare in aria insieme a tutta la sua scorta e al laboratorio.
-        Sono i rischi del mestiere. Questi uomini sono i migliori nel loro campo – replicò l’altro indicando Randall e la sua squadra, - assumeranno l’incarico della sua sicurezza e non c’è proprio niente che possa fare o dire al riguardo.
-        Posso sempre dimettermi – sbottò acida.
-        Liberissima di farlo – ribatté pronto lui – ma continuerà a essere sorvegliata dall’FBI.
-        Sia ragionevole, – s’intromise allora Mark Damon, l’ambizioso vice presidente, sfoggiando un sorriso tanto accattivante quanto falso – la terremo nascosta finché non avremo approntato un nuovo laboratorio e stavolta le misure di sicurezza saranno invalicabili: glielo prometto.  
Un discreto bussare alla porta bloccò la replica della donna che, rossa in viso, stava per esplodere.
Indifferente agli sviluppi della conversazione, Randall socchiuse gli occhi, sul chi vive, pronto a fronteggiare qualunque minaccia.
L’uomo di guardia annunciò l’arrivo del catering e tutti si rilassarono, pregustando già il pasto.
Un carrello ricolmo di vivande fu sospinto all’interno da una cameriera giovane e graziosa. 
-        Roast-beef e insalata per tutti – esclamò allegramente cominciando a distribuire i vassoi sigillati che furono aperti senza indugio.
L’odore invitante dell’arrosto contribuì ad allentare ulteriormente la tensione.
Il capo della Shadow invece rimaneva diffidente, tutti i sensi all’erta. Stava per succedere qualcosa, lo sentiva ...
Ultima a essere servita, la Kamenskaja insisteva nel suo atteggiamento scontroso. Aveva ringraziato l’inserviente con un rigido cenno del capo e fissava, senza vederlo, il vassoio coperto che le era stato posato davanti.
Poi tutto avvenne rapidamente. Insospettito dalla fretta con cui la cameriera si era allontanata, subito dopo aver servito la donna, Randall afferrò il contenitore e si precipitò alla porta finestra che dava sulla terrazza panoramica, lanciandolo il più lontano possibile.
-        Tutti a terra – ruggì, rivolgendosi agli astanti ammutoliti.
Aiutato dai suoi uomini, rovesciò da un lato il massiccio tavolo di mogano e lo parò davanti a loro come uno scudo. Il presidente e i suoi accoliti vi si accucciarono dietro.
La donna invece era rimasta in piedi, come paralizzata. Randall l’attirò rapidamente a sé, obbligandola a inginocchiarsi accanto a lui e l’abbracciò stretta, riparandola col suo corpo.
Attimi di tensione acuta, insopportabile, mentre l’angoscia si faceva intensa, divorante. Il tempo scandito dal battito dei cuori martellanti.
I pensieri cristallizzati dalla paura.
Adesso scoppia … adesso scoppia … adesso … non ancora …
E infine …
Niente.
Arrischiarono un’occhiata fuori.
Il vassoio di plastica bianca giaceva abbandonato sulla pista dell’eliporto. Intatto.
-        Ne ho abbastanza! - sbottò seccato il presidente della società, accennando ad alzarsi.
Ma un boato fragoroso e una violenta fiammata lo misero a tacere.
Lo spostamento d’aria infranse le vetrate e schegge acuminate volarono dappertutto, piantandosi nel legno del tavolo come coltelli.
Miracolosamente, rimasero tutti illesi.
Diversi agenti furono sguinzagliati alla ricerca della falsa cameriera mentre le uscite del palazzo venivano bloccate. Tom Rawlins, il capo della sicurezza, ex commilitone di Randall e suo ottimo amico, gli assestò una pacca sulla spalla:
- Ottimo lavoro, Nick. Hai un fiuto infallibile.
Lui ignorò i complimenti che gli venivano rivolti, e si girò verso la donna al suo fianco apostrofandola duramente: - Questo pone fine a ogni ulteriore discussione sulla sua protezione, non è vero, miss?


Lo stesso giorno, nel pomeriggio


Randall guidava da un’ora, sotto la pioggia scrosciante di un improvviso acquazzone che aveva rinfrescato l’aria rovente di Phoenix.
L’estate arida e polverosa dell’Arizona era appena cominciata, ma il caldo era già insopportabile. Lasciata la città, si era immesso nel traffico meno intenso dell’autostrada.
Ripassò mentalmente la scheda personale della donna che aveva l’incarico di proteggere: Aleksandra Kamenskaja, detta Sasha, nata in America da genitori russi, trentaquattro anni, che all’apparenza sembravano almeno dieci di più … nubile, ma con quell’aria arcigna non era certo una sorpresa … laureata ad Harvard in medicina biomolecolare col massimo dei voti, specialista in nanotecnologie, premi e riconoscimenti accademici a non finire.
Le lanciò un’occhiata. La dottoressa dal nome impronunciabile dormiva, raggomitolata come un gattino. (...) 

La versione revisionata e ampliata del racconto è disponibile nell'Antologia Senza fiato, solo in versione E book , in tutti gli stores on line! 
 
 
 


 









    



    


 

 
















        

  

       

Nessun commento: